E' il 24 dicembre. Fa caldo, troppo caldo, ma il sole è la scusa giusta per decidere di uscire dalla modalità standby tipica della vigilia di Natale e tirare due pedalate propiziatorie.
Dura poco, in realtà, perché già nel primo pomeriggio la situazione cambia radicalmente: nubi basse e opache (de)colorano il cielo e una feroce umidità manda in tilt la naturale termoregolazione. Ma la ruote hanno già cominciato il loro giro, e così ci facciamo guidare tra grigi panorami collinari fino a quando il sole decide di ritornare per farci gli auguri, splendendo all'orizzonte.
©PaoloFurlan 2023
fotografie: Paolo Furlan, rider: Fabio Tabyosh Tabacchi
Le strade sterrate che tagliano le colline sono spesso delle vere e proprie rasoiate. Il fondo sconnesso rende difficoltosa la pedalata, e la pendenza la rende impossibile.
E' vigilia di Natale. La maggior parte delle persone è alla spasmodica ricerca degli ultimi acquisti, e queste colline sono ancora più placide del solito. Solo qualche cane rimane fedele a sé stesso, abbaiando senza troppa convinzione al nostro passaggio.
La strada si perde in lontananza in una dissolvenza di sinuose curve.
In un turbinio di cambi di ritmo e di pendenze l'umidità non fa tempo ad attecchire sulle nostre fronti sudate. Continuiamo a pedalare facendoci ipnotizzare dai continui tornanti, concentrandoci su noi stessi e sul paesaggio che ci circonda.
Ci fermiamo di tanto in tanto per guardarci alle spalle e vedere la strada appena fatta. Guardandola così, al contrario, sembra quasi una strada nuova e diversa, talmente suadente che è un peccato non tornare indietro e percorrerla anche nell'altra direzione.
Di slancio affrontiamo le salite, il cemento sembra volare sotto la nostra bicicletta mentre la pendenza sembra quasi un serpente furioso che si alza e si abbassa vorticosamente nel tentativo di addentare la preda.
I filari di viti disegnano un labirinto dai tratti quasi Escherani. Le pendenze rimangono impegnative, ma a rendere la pedalata ancora più complicata è il fondo erboso reso pesante dall'umidità. Seguiamo alcune sporadiche frecce che ci indicano la direzione, acquistando quota e avvicinandoci alla sommità della collina.
Come in un quadro di Norberto, le case di Combai si inerpicano sulla collina in un'accogliente e calda atmosfera naïf. Alcuni camini fumanti tradiscono la presenza umana che anche qui è apparentemente latitante.
La tremenda umidità bagna l'erba rendendola un insidioso manto scivoloso, mentre l'ennesimo strappo colpisce a tradimento mirandoci alle gambe. Neppure il cemento ci garantisce la dovuta aderenza in queste condizioni. Desistiamo: l'esperienza ci dice che in alcuni casi è bene mettere l'orgoglio da parte ed accettare la realtà delle cose.
Scolliniamo, la sterrata continua ma stavolta in discesa. Ci facciamo trasportare senza nemmeno pedalare, godendoci la gravità e quest'aria ferma, fredda ma che sulla pelle ci fa sentire vivi. I filari scorrono di fianco a noi mentre acquistiamo sempre più velocità e pennelliamo le curve con la decisa delicatezza di un pittore fiammingo.
Ce l'abbiamo fatta. Ci fermiamo mentre il tramonto esplode e il sole ritorna per darci il suo saluto. Alle nostre spalle le colline diventano un'ombra sempre più grande. Si vede la chiesa, con gli occhi cerchiamo la traccia che poco prima abbiamo percorso ma ormai è stata inglobata nell'oscurità della sera che sta per divenire. Ancora poche pedalate e saremo alla macchina. Cerchiamo di far durare il momento il più lungo possibile per trarne il massimo godimento, fino a che il sole ci irradierà con il suo ultimo riflesso.