Credo che un po’ chiunque si trovi prima o poi al cospetto della mitica DH del Nevegàl venga pervaso da un senso di mistica epicità, tale da rivivere i fasti del passato quando a sfidarsi giù per quel tellurico dedalo di rocce e radici erano nomi poi entrati nell’olimpo della MTB.
Penso che sia una cosa piuttosto comune, insomma.
Nonostante siano ormai passati 20 anni da quei giorni di gloria, la “Coca” è rimasta sempre sé stessa, sempre lì, sorniona a pretendere il suo giusto tributo di copertoni esplosi e parti meccaniche frantumate (ed ossa spezzate. Ne sa qualcosa il sottoscritto).
Non è cambiata nella sua attitudine selvaggia e bastarda. Magari il tempo ha fatto sì che altre radici emergessero dal terreno, come vene di un guerriero nella sua bellicosa euforia, o le rocce venissero levigate dagli agenti atmosferici, taglienti come lame.
Non ne troverete tante di piste così in giro! Disegnate e modellate da madre natura, con la mano umana limitata solamente alle più opportune sistemazioni.
Qui l’old school vive ancora!
E il bianco e nero rappresenta la veste più adatta a raccontare tutto ciò, ancora una volta…
Il Nevegàl come ogni cosa, persona, evento importante ha avuto la sua classica storia di gloria e declino, e la pista da DH ne ha seguito di pari passo le orme. Le universiadi invernali di metà anni 80, lo sfruttamento edilizio, il clou della coppa del mondo downhill per quattro anni di fila, seconda metà degli anni 90. E poi il progressivo abbandono da parte della gente a favore di località più rinomate delle vicine Dolomiti, con il colle che cadeva in uno stato di paciosa quietezza. E ciò che questa storia di gloria e declino ha lasciato in eredità qui è un'atmosfera tutta particolare, quasi intima direi! Il Nevegàl è il placido limbo lontano dalle masse, pronto a svelarsi nella sua immutata bellezza solo a coloro che ancora si ricordano di quello che è stato e che, tutto sommato, ancora è.
Il panorama che si staglia all'orizzonte è immenso. Dalla cima, così come da tutto il percorso della seggiovia, si ha una vista incredibile su tutta la Valbelluna e sulle Dolomiti bellunesi.
Già prima di raggiungere la vetta possiamo vedere cosa ci aspetta una volta sulla Coca. Quasi in modo sadico, la seggiovia scorre lentamente sopra uno dei tratti più complicati di tutta la discesa, la terribile pietraia, dandoci tutto il tempo di metabolizzare quello che dovremo per forza di cose affrontare. Un po' come un condannato a cui sfila davanti il plotone di esecuzione.
E sulla vetta, prima di partire...si respira l'essenza del tutto.
Nessuno meglio di Marco De Col poteva essere il (co)protagonista di questo reportage. Un local e trail builder che non solo conosce a menadito questi luoghi, ma che ci parla direttamente. Empatia con la natura. Oltre che essere sempre in prima linea nella manutenzione e rinnovamento di tutto il park.
La partenza si è spostata di qualche metro rispetto ai tempi della coppa del mondo. Adesso lo start è immediatamente di fianco alla stazione della seggiovia, a 1612 metri s.l.m.
Il pratone iniziale. Qui ci si immette direttamente nella storia, sebbene il prato sia stato cambiato quasi del tutto rispetto al tracciato originale (che è ancora ben visibile in tanti punti). Ma è comunque da qui che si iniziava a battagliare per la coppa del mondo. La linea attuale è stata pensata per essere più veloce, in linea con i tracciati moderni. Inutile provare a spiegare a parole l'euforia di scendere a chiodo di fronte ad uno scenario del genere. Libidine. Il senso della vita.
Il fatto che si tratti di un prato, non porti a sottovalutarne le insidie. Soprattutto dopo le prime centinaia di metri, il fondo d'erba si confonde con dei tratti in terriccio molto sconnessi, che possono trarre in inganno chi ci si approccia per le prime volte. 
Il primo boschetto di larici. Un cambiamento brusco della pista, che passa da essere molto veloce e su fondo erboso a un tratto molto stretto e piuttosto lento, dove si trova per la prima volta un fondo di radici, roccia, terra e aghi di larice.
Un tratto veloce ed interlocutorio lungo la pista da sci ha lo scopo di farci raccogliere le idee, prendere un lungo respiro e concentrarci per quello che ci si parerà di fronte immediatamente dopo. Queste rocce già mostrano intenti brutali. La pietraia inizia qui.
Se per Marco questa è la parte più difficile della pista, allora qualche fondamento di verità ci sarà sicuramente. D'altronde basta guardarla, nella sua feroce sfrontatezza. Non si può non essere d'accordo. E' lì a sfidarti ed aspettarti. Leggenda vuole che se ci si guardi in giro si possano ancora trovare, sparsi tra le rocce, tanti pezzi di cambio e di guidacatena, anche di vecchia data.
Col passare degli anni non è rimasta praticamente traccia di terra, solo roccia nuda dalla quale si stacca di tanto in tanto qualche sasso. A detta di Marco, una delle parti più difficili dove fare manutenzione: visto il terreno sconnesso tutti i lavori devono essere fatti a mano, senza l'ausilio di macchine. 
Trovare la linea più veloce, o per lo meno quella più adatta alle proprie tecniche discesistiche, può richiedere molti tentativi, e non tutti andati a buon fine. Questa sezione, è quella che ha subito meno variazioni, se non quelle create dall'acqua e dal tempo, rendendola ancora più difficile di una volta. E drammaticamente affascinante.
Il fatto di correre esattamente sotto la seggiovia, sotto gli occhi attoniti dei comuni frequentatori domenicali della montagna, è impagabile! 
Fuori dalla pietraia, una delle pochissime parti lisce del DH. Una sponda poco sopra le stazioni intermendie delle due seggiovie, costruita sopra ad un vecchio plinto di cemento di un precedente impianto che ricalcava il percorso della seggiovia attuale.
Come accennato all'inizio del reportage, Marco è sempre in prima linea quando si tratta della manutenzione dei trails del Nevegàl. Oltre al lavoro sulla Coca, che comunque già esisteva, negli ultimi anni ha creato e sistemato ulteriori bellissime linee, come il superflow della Col dei Pez e l'enduristica Faverghera, che si colloca come una via di mezzo in termini di difficoltà tra le altre due.
La DH, invece, è stata ripulita nel 2014. Nel 2009 si sono svolti i campionati regionali di DH che partivano poco sopra la pietraia, ma da allora la pista è caduta in disuso, e il bosco ha cominciato a rimangiarsela. 
Una candidatura ai mondiali di mtb in Alpago, nel 2011, ha portato uno spiraglio di luce sul riutilizzo della Coca, cosa che purtroppo non si è concretizzata, essendo stato l'evento assegnato ad un'altra località.
Ma nel 2014 la società che gestisce gli impianti, appena arrivata, ha deciso di riprendere il discorso mountain bike e tentare nuovamente questa strada. Da quel momento il colle, e la DH, ha cominciato a rinascere.
Giunti alle stazioni intermedie dell'impianto, arriviamo anche a metà della Coca. Da qui in poi si parlerà solo di bosco. Ripido, truce, violento, bastardissimo bosco.
Ultimo momento di luce prima di tuffarsi nel buio della foresta. Questa parte è quella che richiede più manutenzione in primavera, dato che molto spesso durante l'inverno cadono diverse grosse piante.
Si, è ripido!
La foresta ci ricorda sempre la maestosità della natura, sia nel suo aspetto più da favola che nel in quello più brutale. Trovarsi in mezzo a temporale e fulmini qui non deve essere tra le esperienze più sicure e piacevoli da vivere.
Il bosco qui è un continuo susseguirsi di radici e tratti ripidi. Ad eccezione del tratto sulla pista da sci dopo il primo boschetto, la Coca non da veramente un attimo di tregua. E' una continua sfida contro sè stessi, un continuo duello per decretare se sono più dure le radici o le braccia del rider. Un martellamento costante ed impietoso, una lotta che forgia l'anima. 
Sicuramente uno dei tratti più ostici e spettacolari dell'ultimo boschetto è questa ripida radiciaia, dove la linea migliore è quella alla destra del rider. 
Un brevissimo tratto flow, con tre veloci sponde, ci porta nella parte conclusiva del bosco.
L'ultimo ripido imbuto tra le radici prima di uscire finalmente a riveder la luce. Esattamente in questo tratto sono riuscito a rompermi il braccio :-)
Il nuovo sender finale chiude trionfalmente questa magica discesa. Da qui in poi si sviluppa un velocissimo pezzo di pratone, prima della meritata birra. Se siete arrivati fin qui, significa che ne siete usciti vincitori. Ma la sfida con questa discesa è sempre aperta. E prima o poi, lei si rifarà...
See you on the track!!

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